il manifesto
12 Giugno 1999 
 

INTERVENTI UMANITARI

 La carta straccia delle Nazioni unite

ANDREA GIARDINA * 

L' intervento armato delle potenze dell'Alleanza Atlantica inJugoslavia, può ritenersi guerra ai sensi del diritto internazionale?

 Se l'intervento militare, come originariamente concepito al suo inizio (per costringere il governo jugoslavo ad accettare gli accordi di Rembouillet) poteva ritenersi avere finalità limitate, i successivi sviluppi hanno dimostrato che questo intervento militare si trasformato proprio in guerra, dato che il fine che le potenze alleate dichiarano di voler raggiungere, e sembrano voler raggiungere, quello della distruzione dell'apparato statale, militare e politico della Repubblica Federale di Jugoslavia. L'azione sembra dunque essere caratterizzata da quell'animus bellandi che differenzia la guerra da tutte le altre più limitate forme di esercizio della violenza militare.

 Che la guerra non sia stata dichiarata in Italia in conformità con le norme interne (l'art. 78 della Costituzione), non significa che non si tratti di guerra ai sensi del diritto internazionale. Le dichiarazioni nazionali hanno rilievo soprattutto nell'ordinamento interno per l'applicazione delle norme nazionali sullo stato di guerra.
 
 

S ia che si tratti di guerra o di una forma più limitata di intervento militare, è tuttavia certo che il diritto internazionale, a partire dalla seconda guerra mondiale, vieta l'uso della forza e la minaccia dell'uso della forza nelle relazioni internazionali. Questo principio il cardine di tutto il sistema delle Nazioni Unite (l'art. 2, par. 4 della Carta) che riserva la constatazione della minaccia alla pace, della violazione della pace e dell'aggressione, al Consiglio di Sicurezza ai sensi del Cap. VII della Carta; il Consiglio ha inoltre il monopolio delle azioni militari per il ristabilimento della pace.

 Unico caso di uso individuale della forza previsto come legittimo dalla Carta è, in caso di attacco armato, la legittima difesa individuale o collettiva, ai sensi dell'art. 51 della Carta medesima.

 Finora la pratica delle Nazioni Unite ha confermato in questa materia il ruolo centrale del Consiglio di Sicurezza. Negli ultimi tempi, in particolare a partire dalla guerra del Golfo del 1991, alcune azioni sono state intraprese non dal Consiglio di Sicurezza, ma su autorizzazione del Consiglio di Sicurezza. Anche nel caso più recente di intervento nei Balcani, la guerra di Bosnia, l'intervento delle truppe Nato è avvenuto su formale autorizzazione del Consiglio di Sicurezza. L'attuale guerra, invece, è il primo caso di grande rilevanza in cui la violenza militare esercitata da un gruppo di Stati senza alcuna autorizzazione del Consiglio di Sicurezza.
 
 

E' vero che nel 1998 il Consiglio di Sicurezza ha preso in esame la situazione nel Kossovo (Risoluzioni nn. 1160, 1199 e 1201) affermando che la violazione dei diritti umani in quel paese costituiva una minaccia alla pace ed alla sicurezza nella regione, invitando tutte le parti interessate, e specialmente la Jugoslavia e l'UCK, a far cessare questa minaccia. Al contempo, il Consiglio impegnava tutti gli Stati a rispettare la sovranità e l'integrità territoriale della Repubblica Jugoslava, ma non autorizzava alcun esercizio di forza militare da parte di qualsiasi Stato o gruppo di Stati per porre rimedio alla situazione.

 Che questa guerra non sia conforme alla Carta delle Nazioni Unite è generalmente riconosciuto. Dopo lo sgomento e l'imbarazzo iniziali della più gran parte degli studiosi del diritto internazionale al momento dello scoppio delle ostilità, il contrasto con le disposizioni della Carta e con la sua prassi applicativa apparso con tutta evidenza. Le ipotesi di giustificazione che vengono talvolta avanzate affermano che questa guerra potrebbe costituire un primo passo verso la formazione di un nuovo ordine mondiale non più essenzialmente fondato sulla Carta delle Nazioni Unite, ma su nuove regole di diritto internazionale che comincerebbero ad affermarsi. Si parla in proposito di legittimità dell'intervento internazionale di carattere unamitario. Peraltro è da ricordare che anche questa forma di intervento si è finora generalmente svolta con il consenso dello Stato territoriale e/o dopo decisione di intervento da parte del Consiglio di Sicurezza. Il presente intervento umanitario unilaterale rimane dunque una novità finora sconosciuta dal diritto della Comunit internazionale.

 Nel nostro caso, inoltre, il carattere di intervento umanitario della guerra in corso non pare sussistere; questo perché il problema umanitario stato largamente aggravato proprio in conseguenza dell'intervento militare e perché quest'ultimo appare avere ad oggetto l'annientamento della struttura militare e politica dello Stato jugoslavo, piuttosto che portare sollievo alla popolazione i cui diritti civili e politici si intendono tutelare.

 L'intervento umanitario, inoltre, dovrebbe essere giustificato dalla Comunità internazionale nel suo complesso o nella grande maggioranza dei suoi componenti e non solo da un gruppo di Stati, per quanto economicamente e militarmente potenti. E' qui il caso di ricordare che nella pratica delle Nazioni Unite degli anni '50, sulla base di una risoluzione dell'Assemblea Generale (la Uniting for Peace), l'Assemblea Generale decise, in caso di blocco del Consiglio di Sicurezza, alcune azioni per il mantenimento della pace e della sicurezza. Ciò avvenne in due casi celebri, ma rimasti isolati, nella guerra di Corea nel 1950 e nella guerra di Suez del 1956.

 E' evidente che, se si voleva trovare una giustificazione delle azioni militari in corso in un giudizio di valore da parte della Comunità internazionale, avrebbe potuto farsi ricorso ad una risoluzione dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite che avrebbe rappresentato l'opinione della Comunità internazionale nel suo complesso, sulla necessità di un intervento militare per finalità umanitarie nel Kossovo, certamente in maniera più autentica e completa di un gruppo ristretto di Stati per quanto economicamente e militarmente potenti.

 In definitiva non è affatto certo che il diritto internazionale generale, indipendemente da quanto in ogni caso proibisce la Carta delle Nazioni Unite, preveda la legittimità di interventi umanitari; come neppure è certo che quello in corso possa considerarsi un intervento umanitario sia pure ai sensi di queste costruzioni "innovative".

 Non va trascurato infine che gli Stati membri dell'Alleanza Atlantica sono tutti membri delle Nazioni Unite e che, quindi, sono tenuti a rispettare la Carta, come espressamente dichiara il Patto Atlantico stesso, e a dare alla Carta in ogni caso la prevalenza su eventuali impegni diversi fra loro assunti.
 
 

U na notazione va fatta a questo proposito per sottolineare il mutamento degli obiettivi dell'Alleanza che erano inizialmente limitati all'autotutela individuale e collettiva delle parti contraenti in caso di attacco armato ed ora sono espressamente estese ad operazioni come quelle in corso, dichiaratamente al di fuori degli impegni inizialmente assunti, così come riconosce esplicitamente la nuova "concezione strategica" approvata dai Capi di Stato e di Governo della Nato il 24 aprile scorso a Washington .

 La contrarietà alla Carta delle Nazioni Unite di questa guerra e la sua contrarietà anche a norme internazionali generali che si affermano esistere al di là della Carta, trova oggi conferma nell'attitudine dei paesi dell'Alleanza Atlantica, tra i quali l'Italia, i quali, chiamati dalla Repubblica Federale di Jugoslavia di fronte alla Corte Internazionale di Giustizia dell'Aia per rispondere della violazione della Carta delle Nazioni Unite e di altre norme internazionali vigenti operata con la guerra, hanno sollevato e sollevano ogni sorta di obiezioni tecnico-giuridiche sulla giurisdizione della Corte, dimostrando così, per quanto riguarda il merito, la loro scarsa convinzione circa la legittimit internazionale delle azioni che stanno conducendo.
 
 

*Ordinario di diritto internazionale presso la facoltà di giurisprudenza dell'università La Sapienza di Roma