il manifesto
11 Luglio 1999
 

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POLITICA ESTERA

L'Iran rompe l'isolamento, nasce l'asse con Atene e Erevan

Mentre la Nato, dopo la guerra in Kosovo, aggrega i paesi turcofoni e anti-russi

- FABRIZIO VIELMINI * -

É passata inosservata nella stampa nazionale degli ultimi giorni una dichiarazione del ministro della Difesa greco Apostolos-Athanasios Tsokhatzopoulos riguardo un possibile risvolto militare del vertice trilaterale fra il suo paese l'Iran e l'Armenia, che si terrà ad Atene domani, 12 luglio. Tale ipotesi - che ha sollevato il panico fra gli ultrà dell'atlantismo - subito rientrata in seguito alle smentite ufficiali della diplomazia greca ed armena. La boutade del ministro greco è comunque servita ad evidenziare una relazione in via di consolidamento - fra i tre paesi negli ultimi due anni si sono susseguiti numerosi incontri, anche ministeriali, che hanno approfondito la cooperazione economica e commerciale, costituito commissioni congiunte nei sui trasporti, servizi postali, industria del turismo e tecnologia. Solo apparentemente quest'asse trilaterale può apparire paradossale. Esso costituisce al contrario un portato quasi automatico dell'assetto delle relazioni internazionali fuoriscite dall'aggressione della Nato alla Jugoslavija.

Dal punto di vista greco in particolare le ragioni alla base dell'intesa appaiono perfettamente logiche. In seguito all'aggressione euro-anglo-americana, Atene si ritrova confinante con una Grande Albania che la Turchia sta strutturando in modo che diventi il braccio settentrionale di una tenaglia pronta a chiudersi sui greci - la Turchia partecipa all'ammodernamento della base navale di Pasaliman, ufficiali turchi insegnano all'Accademia navale di Valona, incursori dei reparti d'élite di Ankara addestrano la Guardia Repubblicana albanese, mentre il gen. D. Bak, Alto responsabile della logistica turca, ha dichiarato il 18 giugno in un incontro con lo Stato maggiore albanese che che la coperazione militare con Tirana resta fra le priorità di Ankara (per citare i soli fatti divenuti di dominio pubblico).

Il narco-stato Albania

Bisogna inoltre considerare come Stati Uniti e grande capitale europeo favoriscano il potenziamento del narco-stato albanese affinchè divenga uno dei terminali occidentali del grande corridoio di trasporti ed oleodotti conosciuto come "via della Seta del XXI secolo". Ora, da tale azzardata operazione geo-economica l'economia greca non ricaverà alcun vantaggio rimanendone totalmente bypassata.

Già all'alba della dissoluzione dell'Unione Sovietica, la nuova posizione geopolitica dell'Armenia aveva attirato l'attenzione della Grecia (un attaché militare di Atene è presente a Erevan dal 1992, mentre dal 1996 un accordo di cooperazione militare unisce i due paesi). Ogni intesa fra Iran e Grecia costituisce musica per le orecchie dell'Armenia: il portato automatico di tali intese è l'aumento del valore strategico di Erevan che, oltre ad essere un elemento fondamentale della politica estera russa, diviene lo snodo necessario dei contatti fra Iran ed Europa. Per gli armeni è poi fondamentale premunirsi da che il contenzioso con l'Azerbaijan - tappa fondamentale della "via della seta" e beniamino di Washington ed Ankara - nel Nagorno-Karabakh, sempre aperto e sanguinoso dall'inizio del decennio, non venga utilizzata da turchi ed americani per qualche bombardamento "umanitario" nel Caucaso.

Infine dal punto di vista di Tehran, l'accordo permette al paese di ammorbidire il proprio isolamento internazionale e di sporgersi in direzione di Bruxelles nella speranza che anche il resto dell'Europa riveda la posizione nei suoi confronti.

É poi interessante notare come i tre paesi abbiano cercato di rendere partecipe della loro intesa anche la Georgia. Tuttavia, l'oligarchia di Shevarnadze è per il momento fermamente intenzionata a trasformare il paese in un vassallo di Washington attraverso il cosidetto blocco regionale del "GUUAM" - acronimo delle iniziali dei suoi partecipanti Ukraina, Uzbekistan, Azerbaijan e Moldavia.

La scacchiera eurasiatica

Insieme ad etno-nazionalisti, islamisti e narcotrafficanti, tali stati sono le principali pedine Usa sulla "grande scacchiera" eurasiatica teorizzata da Zbigniew Brzezinski (già consigliere di Kissinger, ed attuale maitre-à-penser della geopolitica angloamericana). Nella visione di Brezinski, sempre di gran voga al dipartimento di Stato, qualsiasi mezzo è giustificato dall'esigenza vitale del controllo della grande massa continentale fra Europa e Pacifico da perte dell""ultimo impero universale". A tal scopo Brezinski ha riunito gli autocrati alla testa dei citati stati a margine del summit Nato di Washington. Sotto l'elegante paravento della "via della seta", l'oggetto delle discussioni è stato come spiazzare completamente la Russia dai suoi interessi vitali in Eurasia.

Oltre che una sfida diretta all'arroganza della Nato, l'intesa fra Armenia, Iran e Grecia riflette la presa di coscienza dei tre stati, tradizionali alleati dei russi, delle conseguenze derivanti dal sucesso di tali manovre. Tali rialinneamenti non hanno per niente l'aria di poter passare in modo indolore ed è su questo piano che dobbiamo misurare gli effetti della nuova strategia americana in Eurpaa, altrettanto perniciosi ed interconnessi al vaso di Pandora delle rivendicazioni etniche susseguite alla secessione de facto del Kosovo. Completamente sfalsata dal tiro incrociato delle lobbies, la politica Usa crea una serie di distorsioni che retroagiscono sui propri progetti.

Innanzi a ciò i primi a mobilitarsi sono i grandi stati multietnici quali l'Iran - senza dimenticare Cina, India e Russia - sempre più minacciati dal nuovo scenario di proliferazione dei micronazionalismi e degli estremismi religiosi. Ne risultano queste nuove ed ardite alleanze che, al di là della forte eterogeneità, cercano disperatamente di stabilizzare il quadro regionale.: Grecia ed Armenia comprendono perfettamente che la politica estera iraniana ha da tempo saltato il fosso dell'attivismo islamista per posizionarsi su una visione pragmatica e razionale, attenta agli interessi nazionali.

A margine della "nuova via della Seta" converrebbe infine interrogarsi su quali vantaggi l'Europa dei mercanti, sempre più incapace di vedere ciò che la distrugge, pensi di ricavare dall'affidare l'approvvigionamento delle prprie risorse ad una nebulosa di stati para-fascisti, mafie etniche e narcotrafficanti, oltretutto totalmente antieconomico in virtù del percorso tortuoso inframmezzato. Se tutto ciò può essere considerato normale da parte di una nazione che ha costruito la propria posizione mondiale sulle aggressioni ed il gangsterismo, dovrebbe al contrario provocare qualche reazione più consistente in un'Europa sempre più "discarica" di questo degrado criminale.

* Esperto di Asia centrale dell'Observatoire Géopolitique des drogues, Dottorato di ricerca presso l'EHESS (Centro di storia del mondo turco), di Parigi. Collaboratore di "NarcoMafie" e "LiMes".


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