LST-1, il prototipo del primo telescopio di CTA, rivela emissione gamma di alta energia da parte della Pulsar del Granchio
La Palma, Isole Canarie, Spagna – Tra gennaio e febbraio 2020, il prototipo del Large Sized Telescope di CTA, LST-1, ha osservato la pulsar del Granchio, la stella di neutroni al centro della nebulosa del Granchio (Figura 1). Il telescopio è nella fase di messa a punto nel sito CTA-Nord sull’isola di La Palma, nelle Isole Canarie.
Le pulsar sono stelle di neutroni, resti del collasso gravitazionale di stelle alla fine della loro vita, che ruotano molto rapidamente (compiono una rotazione completa in pochi millisecondi). Sono fortemente magnetizzate ed emettono radiazione sotto forma di due fasci; tale radiazione può essere osservata dalla Terra solo quando i fasci intercettano la nostra linea di vista.
Figura 1. Vista a molte lunghezze d’onda della Nebulosa del Granchio e della pulsar del Granchio (il punto luminoso al centro dell’immagine). Credito: NASA, ESA, G. Dubner (IAFE, CONICET-University of Buenos Aires) et al .; A. Loll et al .; T. Temim et al .; F. Seward et al .; VLA / NRAO / AUI / NSF; Chandra / CXC; Spitzer / JPL-Caltech; XMM-Newton / ESA; Hubble / STScI
La rivelazione di sorgenti di raggi gamma ad alta energia – intense e costanti – è diventata ormai una routine grazie a “speciali” telescopi ad immagine di luce Cherenkov in atmosfera (IACT). La rivelazione del segnale variabile delle pulsar è molto più difficile da effettuare a causa della debole intensità; per di più il segnale è sempre sovrastato dal grande flusso costante di raggi gamma emesso dalle nebulose circostanti che diventano paradossalmente un “rumore” alla sua rivelazione. Nonostante molte ore dedicate a queste particolari osservazioni da parte di strumenti IACT in tutto il mondo, ad oggi sono state scoperte solo quattro pulsar che emettono segnali estremamente energetici nel dominio dei raggi gamma. Adesso che anche il primo grande telescopio di CTA, l’LST-1, ha dimostrato di essere in grado di rilevare il debole segnale della pulsar del Granchio, resto di un collasso stellare avvenuto nel 1054 d.C., aumenta il numero di telescopi in grado di rilevare le pulsar con raggi gamma ad elevata energia.
In un futuro non troppo lontano, con la realizzazione di tutti e quattro i grandi telescopi LST di CTA previsti per il sito di La Palma, la sensibilità a questi deboli segnali aumenterà notevolmente grazie all’analisi incrociata (stereo) dei dati presi in contemporanea da questi telescopi. Avremo allora a disposizione uno strumento di altissima precisione e sensibilità che ci permetterà di studiare a fondo le emissioni di radiazione ad elevatissima energia da parte di questi corpi celesti che vivono nelle condizioni più estreme di gravità e campo magnetico, dove molti fenomeni non sono ancora ben compresi.
I dati analizzati includono 11,4 ore in otto notti di osservazione. La Figura 2 mostra il diagramma che traccia il numero di raggi gamma in funzione della fase di rotazione della pulsar. Nelle regioni di fase contrassegnate come P1 e P2, sono previsti più raggi gamma perché il fascio di luce della pulsar è diretto verso la Terra. L’emissione rilevata in tutte le fasi (indicata in verde nella Figura 2) è una miscela di diversi contributi di fondo, inclusa l’emissione costante irriducibile dalla Nebulosa del Granchio. Il segnale rilevato con LST-1 (contrassegnato in rosso nella Figura 2) per la fase P2 è particolarmente significativo. L’animazione in Figura 3 evidenzia il comportamento dell’impulso della sorgente durante le diverse fasi. Per approfondimenti su questa rivelazione, rimandiamo al sito ufficiale CTA: http://www.cta-observatory.org/lst1-detects-vhe-emission-from-crab-pulsar
Figura 2: Diagramma di fase della pulsar del Granchio misurato dall’LST-1. È noto che la pulsar emette impulsi di raggi gamma durante le fasi P1 e P2. La significatività mostrata viene calcolata considerando l’emissione della sorgente da quelle fasi (in rosso) e gli eventi di fondo dalle fasi (in grigio). Credito: Collaborazione LST.
Figura 3: animazione che evidenzia il comportamento dell’impulso della sorgente durante le diverse fasi.
Il contributo dell’INFN alla costruzione e alla messa in servizio del telescopio è stato fondamentale per arrivare a questo risultato. Le sezioni INFN e Università di Padova, Pisa, Siena, Torino e Udine sono state in prima linea per la costruzione del grande telescopio LST. La Sezione INFN e l’Università di Padova hanno partecipato alla progettazione del sistema ottico del telescopio, hanno costruito parte della meccanica del movimento azimutale e fornito le funi in fibra di carbonio per sostenere e ancorare l’arco che sostiene la camera. Al momento vi sono quattro membri dell’INFN e dell’Università di Padova appartenenti al Consiglio Direttivo LST: il Prof. Alessandro De Angelis e il Prof. Mosè Mariotti, che è anche coordinatore nazionale per l’INFN del progetto LST e responsabile per il sistema meccanico costituito da funi in fibra di carbonio, il Dr. Riccardo Rando, coordinatore per la ricerca e lo sviluppo di innovativi foto-rivelatori al silicio, e il Dr. Rubén López-Coto, coordinatore per l’analisi dei dati e responsabile dello sviluppo di software del telescopio. Il contributo più significativo per questo risultato da parte di INFN-Padova è stato ottenuto grazie ad una speciale analisi dati messa a punto dal Dr. Rubén López-Coto, ricercatore del progetto “Fellini” della Sezione INFN di Padova (finanziato dal programma Marie Skłodowska-Curie di Horizon2020 G.A. n. 754496).
Contatti:
Rubén López-Coto
LST Software co-coordinator
INFN Padova
https://www.pd.infn.it/~rlopez/
Figura 4 (copertina): Telescopio LST. Credito: Akira Okumura