Venetonight – Researchers’ Night è l’iniziativa che fa incontrare ricercatrici e ricercatori con il grande pubblico in differenti città europee in una stessa data: quest’anno l’incontro – che si terrà il 27 Novembre – sarà virtuale. Questo evento rappresenta un’occasione straordinaria per avvicinare, in modo divertente, il pubblico di ogni età al mondo della ricerca, aprire uno spazio di dialogo con la cittadinanza e sensibilizzare alla carriera scientifica. Nella nostra regione va in scena Venetonight, l’evento organizzato dalle Università di Padova, Verona e Venezia Ca’ Foscari e molti enti di ricerca. Il programma completo dell’evento si trova su https://venetonightpadova.it/
Il programma degli interventi è disponibile qui sotto: sarà sufficiente cliccare sul relativo link per collegarsi, senza necessità di prenotazione, e seguire l’intervento scelto. Sarà possibile passare da un evento all’altro, a seconda degli argomenti di interesse, come se si entrasse e uscisse da una stanza.
Gli eventi in diretta saranno coordinati da ricercatrici e ricercatori dei due enti, che si alterneranno per coprire tutta la durata dell’evento, per introdurre e presentare i numerosi interventi previsti.
In questo webinar si susseguiranno collegamenti dai siti sperimentali di grandi esperimenti da tutto il mondo: dalle Canarie al Polo Sud, dagli Stati Uniti al Giappone. Ricercatori e ricercatrici ci racconteranno in diretta dai laboratori gli esperimenti sulla fisica dei neutrini, la ricerca di onde gravitazionali e astronomia multimessenger e saranno disponibili per rispondere alle domande del pubblico.
Programma dettagliato:
16:00 – 17:15 Descrizione di uno strumento MAGICo (Ilaria Viale, Alessia Spolon) 17:30 – 18:30 L’esperimento IceCube al Polo Sud (Elisa Bernardini, Caterina Boscolo Meneguolo) 18:45 – 19:45 L’esperimento ICARUS al FermiLab (Angela Fava) 20:00 – 21:00 Visita a Virgo (Giacomo Ciani) 21:15 – 22:00 Visita a Super Kamiokande (Mathieu Lamoureux , Nataly Ospina e Fabio Jacob)
Una visita virtuale dell’esperimento CMS, uno dei principali in corso al CERN di Ginevra, il mondo delle particelle e l’Universo spiegato ai bambini e tante attività interattive per conoscere l’acceleratore del futuro, dare la caccia a nuova fisica e scoprire le caratteristiche dei neutrini vi aspettano nel corso di questo webinar. La diretta si concluderà con un quiz aperto a tutti: chi riuscirà a riconoscere le tracce delle particelle?
Programma dettagliato:
15:30 – 16:30 CMS visita virtuale (intervento che sarà gestito dal Cern da Ginevra. Locandina) 17:00 – 17:30 Planck, Quanto ne sai di… Atomi? (Agnese Sonato, Sarah Libanore) – attività dai 6 anni 17:30 – 17:50 CMS activity Book (Mia Tosi) – attività dai 6 anni 17:50 – 18:10 Uno sguardo all’Universo (Sarah Libanore) – attività dai 6 anni 18:10 – 18:25 Il progetto Radiolab (Sabine Hemmer) 18:25 – 18:45 A Caccia Di Nuova Fisica … con un acceleratore di particelle (Gaia Grosso, Enrico Luisiani) 18:45 – 19:00 CloudVeneto e il caso d’uso di CMS (Federica Fanzago, Massimo Sgaravatto, Marco Verlato) 19:00 – 19:30 Fasci di neutrini come non se ne erano mai visti – ENUBET (Andrea Longhin) 19:35 -19:45 L’incontro tra un umano ed un marziano… il problema della materia ed antimateria – Lettura tratta da “I sei pezzi meno facili di R. Feynman” (Paolo Rossi) 19:45 – 20:30 Futuri acceleratori di particelle (Patrizia Azzi) 20:45 -21:30 Riconosci le particelle in ICARUS e CMS (Christian Farnese, Roberto Rossin)
Si può cucinare con il plasma? Posso muovere le gocce come un PacMan? Chi, come e quando iniziò la lotta alle fake-news? Nel corso di questa diretta si alterneranno le spiegazioni delle ricercatrici e ricercatori dell’Università di Padova e dell’INFN che risponderanno a queste e tante altre curiosità del pubblico.
Programma dettagliato:
17:00 – 17:30 Modelli Semplici per Sistemi Complessi (Ilenia Apicella, Anna Tovo) 17:40 – 17:55 Si può cucinare con il plasma? (Alessandro Patelli) 18:00 – 18:20 La radiazione cosmica di fondo (Bianca De Caro) 18:30 – 18:50 Super-coerenza quantistica nella materia (Luca Salasnich) 19:00 – 19:20 Sulle orme di Democrito alla ricerca della materia oscura (Francesco D’Eramo) 19:30 – 19:50 Bolle quantistiche (Andrea Tononi) 20:00 – 20.10 Alpinismo di gocce (Matteo Pierno) 20:10 – 20:20 Trova l’intruso: lo scienziato dei materiali in mezzo ai fisici (Francesco Sgarbossa) 20:00 – 20:20 Controllo di gocce: come muovere un PacMan (Matteo Pierno) 20:30 – 20:45 Si può cucinare con il plasma? (Alessandro Patelli) 20:45 – 21:00 Super-coerenza quantistica nella materia (Luca Salasnich) 21:00 – 21:30 Chi, come e quando iniziò la lotta alle fake-news? (Sofia Talas) 21:40 – 22:00 Sulle orme di Democrito alla ricerca della materia oscura (Francesco D’Eramo)
Giovani ricercatrici e ricercatori dell’Università di Padova ci portano in viaggio nell’Universo dal tempo degli albori al sistema solare per finire con un “tuffo nel… vuoto”.
Programma dettagliato:
18-18.30: Munaretto: ”Esplorando Mercurio: da MESSENGER a BepiColombo” 18:30-19: Lacedelli: “Pianeti extrasolari: alla ricerca di nuovi mondi” 19-19.30: Salmaso: “Supernovae e astrofisica multimessaggero” 19.30-20: Sinigaglia: “Cartografia cosmica: come mappiamo il nostro Universo?” 20-20.30: Rastello: “Valzer di Buchi Neri a Tempo di Onde Gravitazionali” 20.30-21: Romano: “ALMA: un viaggio nel tempo agli albori dell’Universo” 21-21.30: Santoliquido: “Sulla cresta dell’onda… gravitazionale: le ultime nuove scoperte” 21.30-22: Estrada: “Un tuffo nel vuoto: breve tutorial per uccidere una galassia”
In aggiunta alle proposte serali, INFN Sezione di Padova e Dipartimento di fisica e Astronomia dell’Università di Padova propongono un percorso per gli studenti delle scuole secondarie di secondo grado, alla scoperta di uno dei più incredibili esperimenti mai costruiti sulla terra: l’osservatorio IceCube.
Tra i ghiacci dell’Antartide, esattamente sotto il Polo Sud geografico, si trova un km cubo di ghiaccio attrezzato per rilevare i neutrini astrofisici, interessantissimi e sfuggenti messaggeri provenienti dal cosmo.
Alcuni scienziati, detti Winterovers, provenienti da tutto il mondo si turnano nel corso dell’anno, che qui è scandito dalle stagioni polari, per recarsi alla stazione scientifica internazionale del Polo Sud, pronti ad affrontare le sfide di una vita ai confini del mondo!
Gli incontri saranno due, trasmessi in diretta solo per gli studenti che potranno così intervenire con le loro domande, ma la registrazione sarà poi pubblicata sui nostri canali YouTube:
Incontro del 20 novembre: i ricercatori padovani coinvolti in IceCube presenteranno l’esperimento agli studenti e ai docenti, con lo scopo di prepararli e stimolare la curiosità in vista della seconda parte del percorso.
Incontro del 27 novembre: il cuore dell’esperienza sarà infatti il collegamento streaming con i Winterovers che si trovano al Polo Sud, con cui gli studenti potranno dialogare, ponendo le loro domande. Nella speranza che condizioni atmosferiche e satellite siano dalla nostra e rendano possibile un collegamento non facile, ma anche questo fa parte dell’avventura…
L’esperimento LUNA fa luce sulla densità della materia che compone tutto ciò che conosciamo nell’Universo
C’è una reazione chiave di quel processo fondamentale, chiamato nucleosintesi primordiale, che ha portato alla produzione degli elementi chimici più leggeri nei primi momenti di vita del nostro Universo: è la reazione per mezzo della quale da un protone e un nucleo di deuterio si ottiene uno dei due isotopi stabili dell’elio, l’Elio-3.
Questa reazione è stata ora indagata con una precisione mai raggiunta prima dall’esperimento LUNA (Laboratory for Underground Nuclear Astrophysics) nei Laboratori Nazionali del Gran Sasso dell’INFN: è stato così possibile raffinare i calcoli della nucleosintesi primordiale, ricavando un’accurata determinazione della densità della materia ordinaria, di cui è fatto tutto ciò che conosciamo, compresi gli esseri viventi.
I risultati della misura di LUNA, insieme a una discussione delle loro conseguenze cosmologiche, sono stati pubblicati sulla rivista Nature.
“In questo particolare studio – spiega Gianluca Imbriani responsabile della collaborazione LUNA – oltre alla nostra decennale esperienza nel campo dell’astrofisica nucleare sperimentale, ci siamo avvalsi della preziosa collaborazione del gruppo di fisica astroparticellare e cosmologia teorica dell’Università Federico II di Napoli per ottenere un’accurata determinazione della densità barionica grazie al codice Parthenope, che simula il processo di nucleosintesi primordiale. Mentre, per la descrizione dell’interazione nucleare abbiamo collaborato con il gruppo di fisica nucleare teorica dell’Università di Pisa”.
Durante la loro vita le stelle convertono gli elementi chimici leggeri in elementi più pesanti, tramite processi di fusione nucleare. Non tutti gli elementi chimici però sono prodotti nelle stelle: il protone e il neutrone che costituiscono i primi mattoni per la costruzione di tutti gli elementi chimici, si formano nei primissimi istanti del big bang. Dopo circa 3 minuti dal Big Bang, la temperatura scende a un miliardo di gradi e il deuterio può finalmente essere prodotto dalla fusione di protoni e neutroni senza essere distrutto dall’interazione con i fotoni di alta energia. Inizia così la sintesi degli elementi più leggeri, nota come nucleosintesi primordiale.
Nel silenzio cosmico dei Laboratori sotterranei del Gran Sasso, dove 1400 m di roccia proteggono le sale sperimentali dalle radiazioni esterne, l’esperimento LUNA è in grado di ricreare i processi che sono avvenuti durante la nucleosintesi primordiale e che tutt’ora avvengono nelle stelle, e di riportare con il suo acceleratore di particelle l’orologio indietro nel tempo fino a pochi minuti dopo la nascita dell’Universo. L’abbondanza di deuterio primordiale è determinata principalmente dalla reazione misurata durante la lunga campagna di misure effettuate a LUNA. La densità di materia barionica ottenuta attraverso il risultato di LUNA è in ottimo accordo con il valore ricavato dallo studio della radiazione cosmica di fondo, il residuo “fossile” del Big Bang.
“L’esperimento LUNA – aggiunge Imbriani – proseguirà la sua attività scientifica nel prossimo decennio con il progetto LUNA-MV, focalizzato sullo studio di processi chiave per la composizione chimica dell’Universo e la nucleosintesi degli elementi più pesanti”.
LUNA è una collaborazione scientifica internazionale composta da circa 50 ricercatori italiani, tedeschi, britannici ed ungheresi. In particolare, collaborano all’esperimento: i Laboratori Nazionali del Gran Sasso, le sezioni INFN e le università di Bari, Genova, Milano Statale, Napoli Federico II, Padova, Roma Sapienza, Torino e l’Osservatorio di Teramo dell’INAF Istituto Nazionale di Astrofisica per l’Italia; l’Helmholtz-Zentrum Dresden-Rossendorf per la Germania, la School of Physics and Astronomy dell’Università di Edimburgo per il Regno Unito e l’ATOMKI di Debrecen e il Konkoly Observatory di Budapest per l’Ungheria.
La collaborazione LUNA annovera una forte componente di ricercatori sia della Sezione INFN diPadova che del Dipartimento di Fisica e Astronomiadell’Università di Padova. La presenza di LUNA a Padova inizia nel 1993, con la venuta dal Gran Sasso di Carlo Broggini, che poi diventerà spokesperson della collaborazione. L’attività si è sin dall’inizio focalizzata sulla realizzazione ed acquisizione dati di set-up con rivelatori γ al germanio, come quello usato nella misura sopra descritta. La ricerca si è concentrata all’inizio sullo studio delle più importanti reazioni di combustione dell’idrogeno nelle stelle, in particolare nel Sole, per consentire il calcolo preciso del flusso e dello spettro dei neutrini solari. Terminata la fase “solare”, è iniziata la fase, tuttora in corso, focalizzata sui processi di combustione dell’idrogeno nei cicli che si innescano a temperature maggiori di quella del Sole, e che sono responsabili della produzione degli elementi sino all’alluminio. Il prossimo decennio sarà dedicato allo studio delle reazioni fondamentali della combustione dell’elio e del carbonio nelle stelle con il nuovo acceleratore da 3.5 MV del progetto LUNA-MV, che sarà installato il prossimo anno ai laboratori sotterranei del Gran Sasso. Sono infatti questi i processi che determinano l’abbondanza galattica di gran parte degli elementi che popolano la tavola periodica e l’evoluzione delle stelle più massicce sino all’esplosione delle Supernovae.
Il gruppo LUNA di Padova è ora costituito da Carlo Broggini, Antonio Caciolli, Rosanna Depalo, Paola Marigo, Roberto Menegazzo, Denise Piatti e Jakub Skowronski, con Antonio Caciolli responsabile locale INFN.
Un Congresso Nazionale telematico, la sfida della SIF per il 2020
A causa dell’emergenza sanitaria quest’anno il tradizionale congresso della Società Italiana di Fisica (SIF) ha assunto una nuova veste, quella telematica, con la sfida di organizzare un Congresso che mantenga il più possibile le sue caratteristiche scientifiche nel filo della tradizione, ma con elementi di novità possibili grazie agli strumenti informatici.
L’appuntamento è dal 14 al 18 settembre e la piattaforma dove sarà possibile seguire i vari interventi è già disponibile online: https://congresso2020.sif.it/
Questa nuova modalità non ha scoraggiato organizzatori e partecipanti che hanno risposto entusiasticamente alla nostra proposta, abbiamo infatti ricevuto un altissimo numero di contributi: 10 Relazioni Generali, oltre 220 Relazioni su Invito e quasi 600 Comunicazioni che si articoleranno nelle tradizionali 7 Sezioni, riguardanti le diverse tematiche di ricerca in fisica.
Le Relazioni Generali, guidate dai relativi Presidenti di Sezione, e le Relazioni su Invito, guidate dai Presidenti delle Sezioni Parallele, saranno tenute “live” con possibilità di intervenire con domande e commenti. Per le Comunicazioni, in gran parte date da giovani, sono invece disponibili le presentazioni registrate. Il programma è molto ricco e di particolare interesse essendo focalizzato sui più recenti progetti di ricerca, prevalentemente di carattere internazionale.
L’inaugurazione con la proclamazione dei premiati si terrà lunedì 14 settembre alle ore 9.30, interverranno i vincitori del Premio “Enrico Fermi 2020” Sandro De Silvestri, del Politecnico di Milano, per i suoi importanti e innovativi sviluppi sui LASER e in struttura della materia, Patrizia Tavella del Bureau International des Poids et Mesures, Sèvres e Giovanni Mana, dell’Istituto Nazionale di Ricerca Metrologica di Torino, per i loro originali contributi alla misura del tempo ed alla definizione della massa, e la vincitrice del Premio “Giuseppe Occhialini” 2020 Marica Branchesi, del Gran Sasso Science Institute dell’Aquila, per i suoi rilevanti contributi in astronomia e sulle onde gravitazionali.
Anche quest’anno non mancherà accanto alle sette canoniche sezioni, la Sezione Giovani, in programma durante la mattina di giovedì 17 settembre e organizzata in collaborazione con l’Associazione Italiana Studenti di Fisica (AISF). In quest’ambito sarà anche illustrata la strategia futura della fisica delle particelle.
Come tutti gli anni anche il Comitato Pari Opportunità (CPO) della SIF ha partecipato all’organizzazione con due interessanti iniziative: “Le Scienziate delle Sezioni” e la serie di interviste “Il tempo trasformato durante il COVID-19”.
Virgo e LIGO hanno osservato la fusione di due oggetti astrofisici straordinariamente massicci: due buchi neri di 66 e 85 masse solari, che hanno generato un buco nero finale di circa 142 masse solari. Il buco nero finale si trova in un intervallo di massa in cui nessun buco nero è mai stato osservato prima, né con le onde gravitazionali, né con radiazione elettromagnetica, e può quindi fornire informazioni utili a spiegare la formazione dei buchi neri supermassicci. Inoltre, il più massiccio tra i due buchi neri che abbiamo visto fondersi sfida la nostra comprensione dei meccanismi di formazione dei buchi neri: sulla base dei modelli attuali, un buco nero di 85 masse solari non può formarsi dal collasso di una stella massiccia.
Due articoli scientifici, che riportano la scoperta e le sue implicazioni astrofisiche, sono stati pubblicati oggi 2 settembre, rispettivamente su Physical Review Letters e Astrophysical Journal Letters.
Il segnale osservato è molto complesso e ha rivelato una grande quantità di informazioni sulle diverse fasi di questa fusione: le masse da record dei buchi neri coinvolti sono quindi solo una delle tante caratteristiche interessanti che rendono questa rivelazione di Virgo e LIGO una osservazione senza precedenti.
Un aspetto cruciale che ha attirato l’attenzione degli astrofisici è che il buco nero risultante appartiene alla classe dei cosiddetti “buchi neri di massa intermedia” (da centinaia a centinaia di migliaia di masse solari). L’interesse per questa popolazione di buchi neri è legato a uno dei puzzle più affascinanti e stimolanti per astrofisici e cosmologi: l’origine dei buchi neri supermassicci. Questi giganti, milioni di volte più pesanti del Sole, che spesso si trovano al centro delle galassie, potrebbero derivare dalla fusione di buchi neri più piccoli, di massa intermedia appunto. Il buco nero finale di GW190521 è non solo il primo buco nero di massa intermedia osservato tramite onde gravitazionali ma anche il primo mai osservato con massa compresa tra 100 e 1000 masse solari.
E anche i componenti e le dinamiche del sistema binario di fusione di GW190521 offrono spunti straordinari. Il più pesante dei due buchi neri che si sono fusi è più grande di qualsiasi buco nero di sistema binario finora osservato da Virgo e LIGO, e quello più leggero è comunque anch’esso tra i più massicci. In particolare, la massa del buco nero primario più massiccio sfida i modelli astrofisici che descrivono il collasso in buchi neri delle stelle più pesantialla fine della loro vita. Secondo questi modelli, le stelle più massicce sono completamente distrutte dall’esplosione della supernova, a causa di un processo chiamato ‘instabilità di coppia’, e lasciano dietro di sé solo gas e polvere cosmica. Pertanto, gli astrofisici non si aspetterebbero di osservare alcun buco nero nell’intervallo di massa tra circa 60 e 120 masse solari: esattamente l’intervallo in cui risiede il buco nero più massiccio del sistema binario di GW190521. Quindi questa rilevazione apre nuove prospettive sullo studio delle stelle massicce e dei meccanismi delle supernovae.
“Diversi scenari prevedono la formazione di buchi neri nel cosiddetto “gap” di massa dell’instabilità di coppia: potrebbero derivare dalla fusione di buchi neri più piccoli, o dalla collisione tra due stelle massicce, o persino da processi più esotici”, afferma Michela Mapelli della Collaborazione Virgo, professoressa all’Università degli Studi di Padova e ricercatrice della Sezione INFN di Padova. “Tuttavia, questo evento potrebbe persino spingerci a ripensare i modelli che attualmente descrivono le fasi finali della vita di una stella massiccia. In entrambi i casi, GW190521 darà un contributo essenziale allo studio della formazione dei buchi neri”.
In effetti, la rivelazione GW190521 di Virgo e LIGO sottolinea l’esistenza di popolazioni di buchi neri mai osservate prima o addirittura inattese e solleva così nuove interessanti domande sui loro meccanismi di formazione.
Inoltre, grazie sia all’alta precisione dell’osservazione sia all’analisi molto sofisticata del segnale, gli scienziati sono stati in grado di dedurre che almeno uno dei buchi neri iniziali ruotava molto rapidamente. La complessità del segnale mostra, infatti, un’indicazione di precessione cioè una rotazione del piano orbitale prodotta da rotazioni di grande ampiezza e particolare orientamento: lo spin dei buchi neri ha, quindi, causato persino una rotazione del piano dell’orbita. Questa osservazione rafforza l’ipotesi che i buchi neri primari si siano formati e vivessero in un ambiente cosmico molto instabile e affollato, come ammassi densi di stelle o dischi di accrescimento di nuclei galattici attivi.
Diversi scenari sono ancora compatibili con i risultati mostrati, e persino l’ipotesi che i buchi neri primari possano essere buchi neri primordiali non è stata scartata dagli scienziati. Rispetto alle precedenti rivelazioni di onde gravitazionali, il segnale osservato GW190521 è molto breve e più difficile da analizzare. A causa della sua natura complessa, sono state prese in considerazione anche altre sorgenti più esotiche. Tuttavia, queste altre possibilità sono sfavorite rispetto al fatto che si tratti effettivamente di una fusione di un sistema binario di buchi neri. Il potenziamento dei rilevatori permetterà di migliorare le loro prestazioni e guardare sempre di più nello spazio profondo.
Il ruolo della Collaborazione Virgo di Padova
“Cercare la chiave interpretativa di GW190521 è stata un’autentica sfida”, ci racconta Michela Mapelli, membro della collaborazione Virgo, professoressa del Dipartimento di Fisica e Astronomia dell’Università di Padova e associata ad INFN Padova. Michela ha sviscerato le implicazioni astrofisiche di questo evento per conto della collaborazione LIGO-Virgo. “Non avevamo mai osservato una binaria di buchi neri con queste proprietà e nemmeno ci aspettavamo di osservarla, visto che i modelli teorici ci dicono che buchi neri con massa ~85 volte la massa del nostro Sole non possono formarsi dal collasso di una stella. Questo risultato porterà sicuramente ad un cambio di paradigma nel campo dell’astrofisica dei buchi neri.”
Per individuare GW190521 e valutare la probabilità che si trattasse di un reale evento di origine astrofisica è stato usato l’algoritmo di ricerca coherent WaveBurst (cWB), lo stesso algoritmo che ha originariamente identificato la prima onda gravitazionale. Il gruppo di analisi dati di Padova-Virgo (Dr. Gabriele Vedovato dell’INFN di Padova e Dott.ssa Claudia Lazzaro del DFA e INFN di Padova) è da oltre 10 anni impegnato nello sviluppo di cWB ed ha fortemente contribuito all’analisi dell’evento GW190521.
Il gruppo Virgo di Padova è fortemente impegnato anche nella costruzione e mesa a punto del rivelatore Advanced Virgo situato presso l’European Gravitational Observatory (EGO) a Cascina, vicino Pisa. In particolare il Dr. Jean-Pierre Zendri dell’INFN di Padova coordina per la collaborazione Virgo la realizzazione del sistema di iniezione di luce “squeezed” volta a ridurre il rumore quantistico nel rivelatore, attività a cui partecipano anche il Dr. Marco Bazzan e il Prof. Giacomo Ciani del DFA e INFN di Padova, la Dr.ssa Livia Conti e il Dr. Matteo Pegoraro dell’INFN di Padova. La Dr.ssa Livia Conti è inoltre coordinatrice della divulgazione scientifica per tutta la collaborazione Virgo.
18 scuole secondarie di secondo grado 1 scuola secondaria di primo grado per un totale di quasi 400 studenti
Sono solo alcuni numeri dei progetti che la Sezione INFN di Padova ha organizzato per l’anno scolastico 2019-2020, spesso legati al PCTO – Percorsi per le Competenze Trasversali e per l’Orientamento (ex ASL). La Sezione dedica infatti ampio spazio, tra le attività di outreach, ai progetti educativi con le scuole, con lo scopo di far conoscere l’attività di ricerca, aiutare i ragazzi nell’orientamento agli studi dopo il diploma, fornire esperienze nel modo del lavoro ad integrazione del percorso formativo scolastico e arricchire il loro bagaglio culturale.
Da marzo però l’emergenza legata all’epidemia di COVID-19 ha rischiato di interrompere quanto si era fatto e a risentirne maggiormente sono stati i progetti di Art & Science Across Italy e Radiolab che si sarebbero dovuto concludere con presentazioni pubbliche a maggio, ma che saranno probabilmente rinviate all’autunno, con modalità ancora da ufficializzare.
In particolare il progetto Radiolab, che a febbraio era nel pieno della fase di formazione degli studenti, ha rischiato di interrompersi, ma nessuno si è perso d’animo. Così i ricercatori e il personale INFN hanno organizzato lezioni a distanza e reso possibile l’analisi dati, anche nell’impossibilità di raccogliere nuovi campioni. Studenti e insegnanti non hanno rinunciato a seguire le lezioni e, con costante impegno, hanno affrontato anche la fase sperimentale consegnando proprio in questi giorni gli elaborati dei vari gruppi di lavoro e alcuni commenti sull’esperienza fatta.
Spesso i ragazzi che iniziano il percorso sono scettici all’idea di lavorare con dei fisici e ancora di più di lavorare sulle radiazioni. Ma via via scoprono che ciò che spesso a scuola è mera teoria, diventa strumento per capire ciò che ci circonda e anche le formule, tante temute, diventano interessanti perché diventano utili.
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Ecco cosa scrivono due alunni di una scuola media di Vicenza e la oro insegnante che quest’anno, per la prima volta, hanno partecipato al progetto inaugurando l’attività anche tra le classi delle scuole secondarie di primo grado:
Matteo La mia prima impressione (sinceramente) quando abbiamo iniziato a fine ottobre un laboratorio riguardo alla radioattività e al Radon, non era tanto positiva. Pensavo che i due fisici usassero parole difficili, ma invece sono stati molto chiari, infatti la mia impressione è poi cambiata subito. Ho capito meglio gli isotopi e il decadimento α, grazie all’esempio della palla grande, media e piccola. E’ molto interessante vedere come le cose che diamo per scontato, gli oggetti che usiamo quasi tutti i giorni, non sono stati semplici da inventare.
Desiree La parte che mi è piaciuta di più è stata quando ci siamo divisi in coppie e ci hanno consegnato dei piccoli apparecchi per misurare il radon. Abbiamo dovuto assemblarli in modo molto attento e, dopo che ci hanno spiegato come funzionavano, ci siamo divertiti a disporli per tutta la scuola.
L’insegnante Partendo da ciò che i ragazzi già sapevano del modello atomico e della tavola periodica, i relatori sono arrivati a parlare di isotopi e di radioattività. Erano sinceramente interessati a comprendere il significato alla parola radioattività, spesso usata a sproposito, anche da loro stessi; erano molto incuriositi dalla presenza dei fisici, personaggi che immaginano al lavoro nei laboratori (magari di qualche serie tv) ma che nella vita reale non hanno occasione di frequentare; avvertivano chiaramente la cura e la passione con cui i relatori parlavano degli argomenti, lo sforzo che facevano per semplificare i concetti. Dopo un primo momento di soggezione, hanno compreso la disponibilità dei relatori a ricevere delle domande (anche se queste spesso venivano fatte con la classica premessa: “Mi scusi, forse è una domanda stupida, MA…”).
fig. 1: Studenti delle scuole medie durante la visita ai Laboratori Nazionali di Legnaro
fig.2: Studenti delle scuole medie durante la visita ai Laboratori Nazionali di Legnaro
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Riportiamo infine una breve sintesi dei commenti dei ragazzi del Liceo “Jacopo da Ponte” di Bassano del Grappa (VI) e dalla loro insegnante:
Gli studenti Si è rilevato particolarmente interessante imparare ad interpretare dati statistici in un contesto reale tali da mostrare la possibile necessità di intervento nelle abitazioni con grande concentrazioni di Radon. Si sono conosciuti enti regionali come l’ARPAV che si occupano di problematiche ambientali quali appunto la presenza di Radon. Noi studenti abbiamo potuto farci un’idea della vita alla facoltà di fisica e fare chiarezza in previsione della futura scelta universitaria. È stata una bella esperienza assistere a delle lezioni con dei professori universitari, potersi confrontare con degli esperti e poter chiarire gli eventuali dubbi in vero stile universitario. Si è riusciti a coniugare la teoria studiata in matematica con un problema reale di carattere fisico. Abbiamo imparato che in un lavoro di gruppo il reciproco scambio di opinioni è importante, perché ogni singola idea contribuisce alla realizzazione del progetto.
L’insegnante In particolare hanno avuto l’occasione di lavorare sull’analisi dei dati, di utilizzare diverse tecnologie, interpretare in modo critico le informazioni ottenute, svolgere ricerche bibliografiche con attenzione alle fonti e redigere un testo scientifico. Tutto questo grazie a un problema reale, non fittizio, che ha motivato ancora di più gli studenti nello svolgimento dell’attività e ha richiesto una vera collaborazione tra loro: si sono dovuti accordare sulla calibrazione e sull’analisi dei dosimetri, sulla scelta delle incertezze, sul metodo e, poi, sulla scrittura. In un periodo caratterizzato dall’isolamento, è stata un’opportunità preziosa che li ha fatti sentire come in un team di ricerca. Sempre affiancati da gentilissimi tutor che hanno risposto ai dubbi e favorito il dialogo. Le lezioni all’università sono state infine dei momenti davvero utili ai fini dell’orientamento, un primo vero contatto con il mondo accademico. Abbiamo tutti imparato tantissimo da questa esperienza, anch’io sento di essere cresciuta professionalmente grazie a voi. Grazie di cuore a tutti!.
fig. 3: Partecipazione degli studenti al Radon Day, novembre 2019.
fig. 4: studenti dei licei durante le attività di Radiolab presso il Dipartimento di fisica e Astronomia “Galileo Galilei”
fig. 5: Studenti dei licei con i dosimetri per l’analisi del Radon
L’acceleratore SuperKEKB, al laboratorio KEK, a Tsukuba in Giappone, ha stabilito un nuovo record mondiale di luminosità, raggiungendo i 2,4×1034 cm-2 s-1, e superando così il precedente record di 2,14×1034 cm-2 s-1 detenuto da LHC al CERN. La luminosità istantanea è una grandezza fondamentale per un acceleratore di particelle perché è legata al numero di collisioni: indica, infatti, il numero di particelle collidenti per unità di tempo per unità di area (sezione d’urto). Insomma, maggiore è la luminosità, maggiore è il numero di eventi potenzialmente interessanti da studiare. In SuperKEKB avvengono collisioni tra elettroni e positroni a un’energia che consente la produzione copiosa di mesoni B, D e di leptoni τ. Il rivelatore Belle II, collocato lungo l’anello dell’acceleratore, ha come obbiettivo principale la ricerca di effetti di nuova fisica, al di là del Modello Standard, nella produzione e nel decadimento di queste particelle.
Per raggiungere l’alta luminosità SuperKEKB ha adottato un innovativo schema a nano-beam, secondo il quale si fanno collidere fasci di elettroni e positroni organizzati in pacchetti lunghi ed estremamente sottili che si scontrano con un angolo d’incrocio relativamente grande. Questo record di luminosità è stato ottenuto integrando lo schema a nano-beam con il crab-waist, una tecnica quest’ultima che consente di contenere la distribuzione nello spazio delle fasi delle particelle nei fasci che interagiscono e di stabilizzare così le collisioni.
“I concetti di nano-beam e di crab-waist sono stati concepiti e messi a punto, oltre una decina di anni fa, grazie all’approccio originale del gruppo di fisica degli acceleratori dei Laboratori Nazionali di Frascati dell’INFN, allora guidato dal fisico italiano Pantaleo Raimondi”, spiega Paolo Branchini, ricercatore INFN della Sezione di Roma III e responsabile nazionale di Belle II. “L’efficacia di questi nuovi concetti nell’aumentare la luminosità e nel contenere il rumore che incide sul rilevatore è stata dimostrata sperimentalmente negli anni 2007-2009 sul collisore Italiano DAFNE, e gli schemi di collisione nano-beam e crab-waist di DAFNE sono stati poi integrati con successo con il complesso apparato dell’esperimento KLOE2, cui DAFNE ha fornito dati per tre anni”. “Il record ottenuto a SuperKEKB conferma ora queste tecniche come molto promettenti per i progetti di sviluppo di future macchine acceleratrici, come FCC-ee e CEPC.”, conclude Branchini
“Grazie alle prestazioni di SuperKEKB, in circa 10 anni di presa dati l’esperimento Belle II accumulerà, rispetto ai suoi predecessori Belle e Babar, una luminosità integrata 50 volte maggiore, corrispondente alla produzione di 50 miliardi di coppie di mesoni B”, sottolinea Ezio Torassa, ricercatore INFN della Sezione di Padova e membro dell’Executive Board di Belle II. Sebbene il Modello Standard descriva correttamente il comportamento delle particelle sub-atomiche note, esistono numerose teorie che predicono l’esistenza di nuove particelle e ci sono osservazioni di natura astrofisica che suggeriscono l’esistenza di materia ed energia oscure. Inoltre, è tutt’ora aperta la questione di quale sia l’origine dell’asimmetria materia-antimateria nell’universo. “Nuove particelle con massa molto grande – prosegue Torassa – possono essere prodotte direttamente se si dispone di energia sufficiente, oppure possono essere osservate indirettamente attraverso gli effetti quantistici con cui modificano i processi di produzione e decadimento delle particelle già note: questo secondo approccio è quello seguito da SuperKEKB e Belle II”. “Questi effetti quantistici sono tanto più sottili quanto è maggiore la massa della nuova particella che li causa ed è quindi necessaria una grande quantità di dati per osservarli, per cui la luminosità fornita dal collisore è un fattore cruciale in questa ricerca”, conclude Torassa
I dati raccolti fino ad ora hanno già permesso a Belle II di porre un limite interessante nell’ambito della ricerca della materia oscura e i primi risultati sono stati pubblicati su Physical Review Letter lo scorso aprile.
Il gruppo Belle II della Sez. INFN di Padova ha contribuito alla costruzione del rivelatore di identificazione di particelle denominato TOP, insieme al gruppo Belle II della Sez. INFN di Torino ne ha ideato, costruito ed installato il sistema di calibrazione laser. Il gruppo di Padova, coordinato dal Prof. Roberto Stroili, ha la responsabilità’ del processamento dei dati dell’esperimento, di cui è responsabile il Dott. Stefano Lacaprara.
La luminosità istantanea di SuperKEK fornita al rivelatore Belle II in funzione del tempo. I valori sono misure on-line e contengono un errore approssimativo del 1%.
Le collisioni di nuclei pesanti al collisionatore LHC del CERN permettono di comprimere e surriscaldare la materia nucleare fino raggiungere temperatura e densità di energia estremamente elevate. In queste condizioni, simili a quelle dell’Universo primordiale nei primi microsecondi, avviene una transizione di fase ad uno stato della materia noto come quark-gluon plasma (QGP). All’interno del QGP, i quark e i gluoni sono deconfinati in un volume di circa 1000 fm3. I quark pesanti sono prodotti prima della formazione del QGP e successivamente interagiscono con i suoi costituenti, svolgendo quindi il ruolo prezioso di sonde “calibrate”. Il plasma si espande rapidamente raffreddandosi e formando gli adroni. Quando i nuclei non si scontrano centralmente (“testa a testa”), il QGP ha una forma allungata e la sua rapida espansione porta ad una modulazione prevalentemente di tipo ellittico – flusso ellittico (v2) – nella distribuzione dell’angolo azimutale dell’impulso degli adroni prodotti.
Usando il campione di collisioni piombo-piombo raccolto nel 2018, la Collaborazione ALICE ha misurato il flusso ellittico degli adroni che contengono quark charm, sia legati a un quark leggero (mesoni D) sia legati in coppie charm-anticharm (J/ψ). I risultati delle misure, presentati recentemente alle conferenze LHCP e Hard Probes, sono mostrati in figura in funzione dell’impulso trasverso (pT). “Il grande campione di dati raccolto nel 2018 ci ha permesso di confrontare per la prima volta come rispondono gli adroni con uno o due quark charm all’espansione del QGP” dice il Dr. Andrea Dainese, ex-coordinatore del gruppo di ALICE di Padova e ora physics coordinator dell’esperimento.
A bassi valori dell’impulso, il flusso ellittico dei mesoni D non è grande quanto quello dei pioni (che contengono solo quark leggeri), mentre il flusso ellittico dei mesoni J/ψ è più basso di entrambi, ma chiaramente osservato. Questo ordinamento indica che i quark pesanti con charm vengono trasportati dall’espansione del QGP, tramite interazioni forti, ma probabilmente in modo minore rispetto ai quark leggeri e che sia i mesoni D che i mesoni J/ψ di basso impulso sono in parte formati dalla ricombinazione di quark. Il Dr. Federico Antinori, membro del gruppo padovano e precedente portavoce dell’intera Collaborazione afferma che “Queste sono le misure che sognavamo di fare quando abbiamo progettato l’esperimento”.
Il gruppo di ricerca padovano di ALICE ha ricoperto un ruolo fondamentale nel raggiungimento di questi risultati. Nelle collisioni piombo-piombo sono prodotte migliaia di particelle. Il segnale dei mesoni D è stato isolato dal fondo combinatoriale sfruttando l’elevata risoluzione spaziale del Silicon Pixel Detector (SPD) che è stato progettato, costruito e mantenuto in funzione grazie all’importante contributo del gruppo ALICE dell’INFN e dell’Università di Padova e del gruppo di progettazione meccanica dell’INFN di Padova. Inoltre il Dr. Stefano Trogolo, ricercatore post-doc del gruppo, ha analizzato i dati per misurare il flusso ellittico dei mesoni D. “Questo risultato fornisce un tassello fondamentale per comprendere l’interazione a livello microscopico di quark e gluoni all’interno del QGP. Nei prossimi anni, grazie all’upgrade dei rivelatori, miglioreremo e aumenteremo in modo significativo la nostra capacità di usare i quark charm e beauty come marcatori del QGP” dichiara il Dr. Andrea Rossi, attuale coordinatore del gruppo ALICE di Padova.
E’ stato pubblicato il bando di concorso per l’ammissione ai Corsi di dottorato di ricerca – XXXVI ciclo – dell’Università di Padova. Scadenza: 16 giugno 2020, ore 13.00 (CEST)
Per il Dottorato di Ricerca in Physics sono disponibili 28 Posizioni, alcune delle quali finanziate direttamente in convenzione da INFN o dal DFA su fondi di progetti INFN, in particolare:
2 a tema libero finanziate in convenzione dall’INFN;
1 finanziata in convenzione da INFN con tema vincolato: Ricerche di Fisica Nucleare nell’ambito delle attivià dei LNL;
1 borsa da Dipartimento di Fisica e Astronomia “Galileo Galilei” – DFA su fondi dell’INFN per il progetto Euclid (CUP F86C18000280005) – Tema: Analisi dei dati dello Strumento NISP della missione Euclid: dai primi test di validazione a terra fino alla fase di verifica dopo il lancio.;
1 borsa da Dipartimento di Fisica e Astronomia “Galileo Galilei” – DFA su fondi dell’INFN per il progetto Euclid (CUP F86C18000280005) – Tema: Analisi dei dati dello strumento NISP di Euclid: dai primi data allo studio dei parametri cosmologici.;
1 borsa da Dipartimento di Fisica e Astronomia “Galileo Galilei” – DFA su fondi progetto europeo QuantERA 2019 denominato “Quantum Computing Solutions for High-Energy Physics” QuantHEP (CUP I94I19001000005) e sul progetto PASQUANS – Tema: Calcolo quantistico applicato a problemi di fisica dell’alta energia;
1 borsa da Dipartimento di Fisica e Astronomia “Galileo Galilei” – DFA su fondi INFN e fondi “Budget Miur – Dipartimenti di eccellenza” Progetto”Fisica dell’Universo” – Tema: Ricerca sperimentale di materia oscura di natura assionica.
La collaborazione T2K (Tokai to Kamioka), che da oltre 10 anni studia i fenomeni connessi alle oscillazioni dei neutrini, pubblica oggi, 15 aprile, su Nature uno studio che fornisce indicazioni sempre più stringenti sull’esistenza di una differenza nel comportamento dei neutrini e delle loro antiparticelle (gli antineutrini). I nuovi risultati dimostrano che il fenomeno dell’oscillazione, con cui i neutrini si “trasformano” in neutrini di un altro tipo, si verifica con probabilità diverse per i neutrini rispetto agli antineutrini. In termini tecnici questo effetto viene chiamato “violazione di CP”. Questa ricerca apre uno spiraglio nella comprensione di uno dei grandi misteri che riguardano il nostro universo: cioè la netta prevalenza della materia sull’antimateria.
A questa ricerca “Nature” dedica la copertina del suo ultimo numero che ritrae l’interno del suggestivo rivelatore Super-Kamiokande, equipaggiato con oltre 11.000 occhi elettronici (fotomoltiplicatori) capaci di catturare la luce prodotta dagli elusivi neutrini nelle interazioni con l’acqua purissima (50.000 tonnellate) di cui è riempito. L’esperimento T2K è una collaborazione internazionale a cui l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN) partecipa dalle prime fasi di progettazione ricoprendo ruoli di grande responsabilità, e vede contributi delle Sezioni INFN e delle Università di Napoli, Padova e Roma Sapienza, Università e Politecnico di Bari, e dei Laboratori Nazionali di Legnaro dell’INFN.
«Questo risultato premia i molti anni di sforzi per costruire, mettere in funzione e operare uno degli apparati più complessi mai realizzati nel nostro settore – sottolinea Gabriella Catanesi, responsabile per l’INFN dell’esperimento T2k e componente del comitato esecutivo dell’esperimento -. Siamo molto orgogliosi e soddisfatti. Ma non ci fermiamo certamente qui. Stiamo lavorando per migliorare ancora il nostro apparato per essere in grado di fronteggiare le sfide dei prossimi anni».
Come funziona Per misurare questo fenomeno, nell’esperimento T2K, un potente fascio di neutrini (o anti-neutrini) muonici viene prodotto nel complesso di acceleratori per la ricerca (JPARC) presso il villaggio di Tokai sulla costa orientale del Giappone. I neutrini vengono prima misurati vicino al luogo di produzione e poi rivelati dal gigantesco rivelatore sotterraneo Super-Kamiokande, a Kamioka, nei pressi della costa occidentale del Giappone, a 295 chilometri di distanza. Durante questo tragitto i neutrini (o gli antineutrini) muonici possono “oscillare”, trasformandosi in neutrini (o antineutrini) di tipo elettronico.
Il risultato T2K ha trovato che il numero di antineutrini muonici che oscillano in antineutrini elettronici è inferiore rispetto a quello dei neutrini muonici oscillanti in neutrini elettronici.
Dopo aver analizzato i dati di nove anni, l’esperimento T2K ha raggiunto un livello di significatività statistica sufficientemente alta da poter fornire un’indicazione abbastanza stringente sull’esistenza della violazione della CP in queste particelle fondamentali. In particolare la probabilità che questo fenomeno non esista è inferiore allo 0,3 %. Misurazioni più precise sono necessarie per confermare queste indicazioni. Tuttavia questo risultato rafforza le osservazioni precedenti e apre la strada a scoperte future. La nuova generazione di esperimenti attualmente in preparazione (DUNE negli USA e Hyper-Kamiokande in Giappone) in cui l’INFN è attivamente coinvolto, potrebbe contribuire a dare una risposta al problema dell’antimateria “mancante” nei prossimi dieci anni.
L’esperimento è stato realizzato ed è gestito da una collaborazione internazionale che conta circa 500 scienziati di 67 istituzioni in 12 paesi [Canada, Francia, Germania, Italia, Giappone, Polonia, Russia, Spagna, Svizzera, Regno Unito, Stati Uniti d’America e Vietnam]. Per le ricerche svolte con il rivelatore Super-Kamiokande, che hanno portato “Alla scoperta delle oscillazioni del neutrino che mostrano che il neutrino ha massa” il fisico giapponese Takaaki Kajita, nel 2015, è stato insignito del Premio Nobel per la Fisica, condiviso con il fisico canadese Arthur McDonald. Lo stesso anno, per i fondamentali contributi alla scoperta delle oscillazioni dei neutrini nel novembre 2015 i componenti della collaborazione T2K sono stati insigniti del prestigioso premio “Breakthrough Prize for Fundamental Physics”.
La partecipazione italiana a T2K è coordinata dall’INFN e vede contributi delle sezioni INFN e delle Università di Napoli, Padova e Roma Sapienza, Università e Politecnico di Bari, e dei Laboratori Nazionali di Legnaro dell’INFN. In particolare i gruppi dell’INFN hanno attualmente ruoli di primo piano sia nello sviluppo e nell’analisi dei dati che nella realizzazione di rivelatori di nuova generazione che verranno utilizzati (nei prossimi anni) per migliorare i risultati attuali.
I ricercatori padovani dell’INFN e del Dipartimento di Fisica e Astronomia “Galileo Galilei” dell’Università di Padova – DFA – fanno parte dell’esperimento T2K fin dalle sue origini, agli inizi degli anni 2000. Cronologicamente la collaborazione con i colleghi giapponesi era già iniziata nei primi anni Novanta, per una felice intuizione di Milla Baldo Ceolin e con il lavoro pioneristico di Marco Laveder del DFA. Successivamente, sotto il coordinamento di Mauro Mezzetto dell’INFN di Padova, si è organizzata la partecipazione italiana all’esperimento T2K. Nel 2016 la stretta cooperazione con i ricercatori giapponesi è stata suggellata dalla Laurea Honoris Causa conferita dall’Università di Padova al Prof. Takaaki Kajita, premio Nobel per la Fisica nel 2015 e fondatore degli esperimenti Super-Kamiokande e T2K.
«I nostri ricercatori – dice Gianmaria Collazuol del DFA e associato INFN Padova che coordina il gruppo di lavoro – sono impegnati nell’analisi dei dati raccolti da T2K e Super-Kamiokande e sono responsabili dei sensori per tracciare le particelle nel rivelatore presso J-PARC. Non solo, sono coinvolti nelle attività sperimentali per la costruzione di nuovi tracciatori per T2K, in collaborazione anche con i Laboratori Nazionali di Legnaro dell’INFN. Strettamente collegato agli sviluppi di T2K segnalo l’esperimento ENUBET guidato da Andrea Longhin, sempre del DFA e INFN Padova, e finanziato con un Consolidator Grant dell’European Research Council. Il gruppo – conclude Gianmaria Collazuol – collabora anche alla preparazione del futuro progetto Hyper-Kamiokande, già approvato in Giappone, disegnato per poter completare le ricerche di violazione di CP nelle oscillazioni di neutrini».
T2K è sostenuto dal ministero giapponese per la Cultura, Sport, Scienza e Tecnologia, ed è ospitato congiuntamente dall’High Energy Research Accelerator Organization (KEK) e dall’Institute for Cosmic Ray Research (ICRR) dell’Università di Tokyo. La fondamentale importanza di queste ricerche ha recentemente convinto il Giappone ad approvare e finanziare un poderoso upgrade dell’esperimento, chiamato Hyper-Kamiokande, in grado di porre la parola finale alle misure di violazione di CP nei neutrini.
Un portale tra materia ordinaria e materia oscura. Un punto di passaggio tra la materia di cui è fatto tutto ciò che conosciamo, compresi noi stessi, e quella materia, ancora mai osservata, di cui ipotizziamo l’esistenza in quantità ben cinque volte più abbondante della materia ordinaria per spiegare alcuni effetti gravitazionali che osserviamo nell’universo. Questo portale potrebbe essere rappresentato da Z’, una ipotetica particella di tipo bosonico, che la collaborazione internazionale Belle II, cui partecipa anche l’INFN, sta cercando nelle collisioni tra elettroni e positroni all’acceleratore SuperKEKB, nel laboratorio KEK, a Tsukuba, in Giappone.
Gli scienziati di Belle II hanno concluso l’analisi dei dati raccolti nelle collisioni del 2018, e hanno pubblicato il 6 aprile 2020, su Physical Review Letters (PRL) lo studio, che è stato selezionato dalla rivista come Editor’s Suggestion. Il risultato pone dei nuovi limiti all’esistenza di Z’, restringendo il campo in cui questa particella potrebbe essere osservata. “Il lavoro presentato è frutto di un ingente sforzo collettivo messo in atto da una estesa collaborazione internazionale, ed è stato coordinato, oltre che svolto in larga parte, da ricercatori dell’INFN, – sottolinea Paolo Branchini, responsabile nazionale INFN dell’esperimento – ed è perciò motivo di grande soddisfazione per tutti noi”.
Il bosone Z’ è uno dei candidati più promettenti per connettere la materia oscura al Modello Standard, cioè la teoria che descrive con successo il mondo ordinario a noi oggi noto. Questa ipotetica particella potrebbe, appunto, essere prodotta nelle collisioni tra elettroni e positroni, per poi decadere in costituenti invisibili di materia oscura. Modelli teorici e simulazioni dettagliate predicono che l’esperimento Belle II sarebbe in grado di rivelare un chiaro segnale di produzione di Z’ cercando un eccesso di eventi in cui vengono prodotti due muoni di carica opposta.
“Qualora la sua esistenza fosse confermata, – spiega Enrico Graziani, ricercatore INFN della Sezione di Roma 3 e coordinatore dell’analisi – potrebbe risolvere una serie di problemi ancora senza risposta nella fisica delle particelle, come quelli legati alla fenomenologia associata alla presenza di materia oscura nell’universo, o alcune anomalie relative al momento magnetico del muone”.
I dati disponibili ad oggi, e presentati nell’articolo pubblicato su PRL, non mostrano quindi evidenza di questo segnale. Le ulteriori ricerche, che saranno condotte dalla collaborazione Belle II nei prossimi anni su campioni di dati molto più estesi, saranno quindi determinanti per confermare l’esistenza di un bosone Z’ che interagisce debolmente con le particelle di materia ordinaria, oppure per escluderla.
Attualmente, a causa della pandemia di CoViD-19, tutti i viaggi internazionali verso il Laboratorio KEK sono sospesi, ma l’acceleratore e l’esperimento continuano a funzionare grazie alla straordinaria dedizione del personale di KEK e dei membri di Belle II di stanza presso il Laboratorio, e grazie alla cooperazione internazionale da remoto.
Il gruppo di Belle II della Sezione di Padova, coordinato dal Prof. Roberto Stroili, ha contribuito alla costruzione del rivelatore di identificazione di particelle ad effetto Cherenkov. Nell’attuale situazione di emergenza da Covid-19 contribuisce ad una frazione rilevante dei turni di presa dati con connessione da remoto. Il Dott. Ezio Torassa, attuale rappresentante italiano nel comitato esecutivo dell’esperimento, coordina le attività italiane di un network Internazionale di ricerca di materia oscura con approccio multidisciplinare. Il Dott. Stefano Lacaprara coordina le attività di ricerca dell’assimetria CP (prodotto tra carica e parità spaziale), effetto che induce assimetria tra materia ed antimateria.
Figura in alto: simulazione al computer di un evento in cui un bosone Z’ è prodotto in una collisione tra elettroni e positroni, in associazione con due muoni (linea verde) e decade in particelle invisibili. In questo esempio particolare lo Z’ decade in un neutrino e in un antineutrino, ma altri decadimenti sono possibili, come quelli in particelle di materia oscura.
Figura in basso: risultato della misura (limiti dei parametri massa ed accoppiamento).
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