L’INFN mette in campo i suoi Data Center contro il COVID-19
Riuscire a bloccare il virus prima che entri nelle cellule neutralizzando il suo cavallo di Troia, la proteina Spike: questa è la sfida per la quale l’INFN ha messo a disposizione una quota significativa delle sue risorse di calcolo per aiutare Sibylla Biotech, spin-off dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN) e delle Università di Trento e Perugia.
L’obiettivo è identificare molecole che possano interferire con il processo di replicazione del virus SARS-COV2, per rallentare la sua diffusione in attesa della produzione di un vaccino.
“Appena ci è stato chiaro l’inizio dell’emergenza sanitaria e i meccanismi legati alla replicazione del virus, ovvero a fine febbraio, abbiamo subito deciso di rivolgere i nostri sforzi allo studio del percorso di ripiegamento di ACE2, dedicando allo scopo la totalità delle risorse umane e computazionali del team di ricerca”, ha osservato Lidia Pieri, amministratore delegato di Sibylla Biotech. Per completare la simulazione sarebbero stati necessari dei mesi, ma grazie alla potenza di calcolo messa a Disposizione dall’INFN basteranno poche settimane. “I risultati – ha concluso Pieri – saranno resi noti alla comunità scientifica internazionale affinché possano essere utilizzati subito da chiunque abbia i mezzi per farlo, sia in ambito accademico che industriale”.
Dalla fine di marzo circa 30.000 unità di calcolo (CORE) stanno lavorando in parallelo in 8 data center dell’INFN processando le simulazioni alla base del protocollo innovativo di ricerca farmacologica PPI-FIT (Pharmacological Protein Inactivation by Folding Intermediate Targeting). Questo protocollo si fonda su una piattaforma di calcolo unica che permette di simulare al calcolatore i percorsi di ripiegamento (folding) di proteine di rilevanza biologica, con un livello di precisione atomico, con l’obiettivo di progettare nuovi farmaci in grado di agire contro una vasta gamma di bersagli. Elemento cruciale di questo nuovo approccio è l’impiego di un metodo di calcolo che si basa su metodi matematici di fisica teorica che sono stati originariamente sviluppati per studiare fenomeni tipici del mondo subatomico, come l’effetto tunnel quantistico.
I data center utilizzati sono quelli dedicati solitamente all’analisi dei dati degli esperimenti di LHC (sezioni di Bari, Milano, Napoli, Padova, Pisa, Roma e Laboratori di Frascati e Legnaro) e il centro di calcolo nazionale, il CNAF di Bologna, che da solo conta oltre la metà della potenza computazionale a disposizione di INFN.
“Abbiamo messo a disposizione di Sibylla Biotech tutta la nostra esperienza nel gestire grandi potenze di calcolo e complessi codici numerici sia di simulazione sia di analisi dati, quella, per intenderci, che ci ha permesso di scoprire nel 2012 il bosone di Higgs”, ha detto il direttore del Centro di calcolo nazionale dell’Infn (Cnaf), Gaetano Maron. Le unità di calcolo, normalmente destinate a lavorare sui dati prodotti dal più grande acceleratore del mondo, il Large Hadron Collider (Lhc) del Cern di Ginevra, adesso verranno utilizzate per trovare il modo che impedisca al virus di aggredire le cellule umane. “È un esempio – ha proseguito Maron – di quello che oggi è chiamato ‘Urgent Computing’, la possibilità di orientare in brevissimo tempo la potenza di calcolo di un sistema a un singolo scopo, applicato qui a un caso reale di emergenza planetaria”.
Anche la Sezione di Padova dà il suo contributo attraverso il data center “Tier-2” che integra risorse di calcolo distribuite geograficamente tra la Sezione di Padova e i Laboratori Nazionali di Legnaro, una proficua collaborazione tra le due sedi che dura da più di 10 anni, riallocando per queste attività complessivamente più di 2500 core.